Ritornando sul tema degli scali ferroviari, mi rifaccio al contributo di Francesco Gnecchi Ruscone, che ha posto giustamente il problema nell’ambito della Città Metropolitana. Direi anche di più: Milano è il centro di grandi servizi anche per tutta la Regione e a questa bisogna guardare.
Le aree degli scali ferroviari
sono anche quelle che contengono le stazioni, del passante e della rete
ferroviaria di superficie. Quindi, le
aree più accessibili da tutta la Regione (e ancor più dalla Città
Metropolitana) con il trasporto pubblico più veloce. Destinarle alla sola edilizia privata
costituisce uno spreco e una distruzione di opportunità future.
In queste aree vanno collocate
le grandi funzioni che richiamano le maggiori correnti di spostamento. Solo in questo modo, ovvero facendo
coincidere i nodi della rete di trasporto con le principali attività e
funzioni, si costruisce una grande città equilibrata nel suo sviluppo. Così avviene nelle grandi città d’Europa.
Seguire la strada opposta,
ovvero localizzare le funzioni in base alle sole opportunità immobiliari, porta
a costruire la città del sottosviluppo.
E’ un metodo che a Milano si è
già palesato: la Statale spostata da Porta Vittoria (ovvero sopra il passante)
a Bicocca (su una line ferroviaria secondaria); la Città della Salute localizzata
a Sesto a mezzo chilometro da una stazione della stessa linea secondaria, unica
a non confluire nel passante; le facoltà della Statale (20.000 studenti più il
personale) destinate ad una parte dell’area Expo, servita sì dal passante, ma posta
a due chilometri dalla stazione.
A mio parere è urgente che
Comune e Regione, insieme - perché il problema non riguarda i soli milanesi, fissino
la strategia dello sviluppo urbanistico centrata sulla corrispondenza tra nodi
della rete e funzioni, e che queste scelte siano sostenute da un largo
dibattito.
Poi verranno i progetti e,
auspicabilmente, i concorsi.
Fissata la strategia funzionale
ed impegnate le aree necessarie ci sarà ancora molto spazio per l’edilizia
privata, molto più di quanto il mercato possa assorbire, e ancora di più per
l’edilizia pubblica di cui, al contrario, c’è un enorme bisogno.
Allora bisognerà prestare fede
ai calcoli di Sergio Brenna, che non sbaglia.
Occorrerà anche guardarsi dai tanti specchietti per
allodole profusi da chi cerca di orientare il dibattito verso l’acquiescenza ai
voleri di FS. Tale è la proposta di
destinare a verde l’area di Farini, la più accessibile in assoluto nella futura
migliore configurazione di rete e quindi la più adatta a funzioni di livello
regionale. Lo è anche la promessa della circle-line,
servizio ridondante e con frequenze modeste, che probabilmente impedirà invece
di consentire la realizzazione del secondo passante, puntando sul servizio di
breve distanza e rinunciando a rendere la Lombardia tutta urbana.
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