Tre sono le motivazioni della contrarietà di molti nei confronti della
recente iniziativa di FFSS e della città di Milano
La prima ci obbliga a ricordare che le prime riflessioni e
elaborazioni sui destini degli scali sono state condotte almeno in due
occasioni che, negli ultimi dieci anni, hanno visto l’Amministrazione Comunale
e le FFSS collaborare con più architetti
e studenti del Politecnico oltre che esperti in altre materie e con i cittadini
interessati. Come di programmatica queste elaborazioni sono state presentate in
più incontri pubblici durante i quali sono state presentate più proposte, oggi,
documentate in apposite pubblicazioni
La seconda ci ricorda che nelle occasioni su ricordate più di una voce
si è sollevata per impegnare le amministrazioni a esprimersi su una visione di
futuro , di una città per chi, di
quella che molti considerano un’area metropolitana con una grande attrattività
per la presenza di centri di produzione innovativi nella formazione e nella
cura della salute, non così per quanto attiene la qualità dell’ambiente e la
mobilità.
Ma che fine hanno fatto queste elaborazioni che, al di là dei costi
monetari e umani, avrebbero potuto suggerire quantomeno un programma di cura
per queste aree “sospese” tra una piccola
città come Milano e i comuni della sua
area metropolitana che, prima ancora di una risposta sulle potenzialità
edificatorie, si aspettano di essere inseriti in un rete di servizi che agevoli
l’accessibilità alle grandi funzioni urbana.
La terza motivazione riguarda il metodo che Comune ci ripresenta come
innovativo per la partecipazione cui si richiama e per il coinvolgimento
di architetti e di esperti che
dovrebbero suggerire un disegno, un Piano Attuativo, per gli stessi scali. Eppure
il comune ha già a sua disposizione non solo i materiali già depositati e resi
pubblici delle elaborazioni su ricordate ma anche la valutazione di altre esperienze,
come quelle dei Nove Parchi per Milano e il Metro Bosco, iniziative non sempre concluse
anche per quanto riguarda le operazioni immobiliari che vi erano sottese.
D’altra parte l’intervento dell’Amministratore delegato delle FFSS ha
ribadito, nel corso del suo intervento nel terzo giorno della recente
iniziativa pubblica sugli scali, che il core
business della holding da lui diretta è costituito dalla rete del trasporto
su ferro che dovrà essere integrata con quella del Trasporto Pubblico locale.
Una affermazione più che condivisibile se non altro per il fatto che, oggi, i servizi
a sostegno delle nuove economie di scala sono soprattutto le reti materiali e
immateriali . Inoltre le FFSS dovrebbero essere dotate da un programma di opere
per inserire l’area metropolitana nella rete internazionale, regionale e locale
del trasporto su ferro in accordo con la rete delle metropolitane e della
viabilità su gomma. Una posizione impegnativa soprattutto se si ricorda che da
pochi giorni è stata aperta la nuova Galleria del Gottardo destinata anche al
trasporto di merci . Merci che, sul versante italiano, rischiano di andare a
incrementare il trasporto su gomma.
Ciò detto non è proprio il caso
di imputare una posizione strumentale a chi chiede al Comune l’urgenza di indire
un concorso aperto a tutti sulla base di linee guida ben più definite di quelle
appena deliberate: in mancanza di valori qualsiasi cosa può essere ammessa e il
rischio è un accordo di programma asimmetrico tra un soggetto pubblico ed uno
privato su aree di provenienza demaniale. Un accordo di natura prevalentemente
immobiliare in assenza di un programma integrato per la mobilità e una rete di spazi
verdi di connessione tra l’abitato urbano denso e i grandi parchi sovra locali.
Gli spazi di cui stiamo parlando
hanno una storia che rinviano a un insieme di questioni non solo urbanistiche;
non sono spazi liberi adatti a qualsiasi utilizzo a partire da quello
immobiliare per estrarre rendita e capitalizzare un patrimonio per collocarsi in
borsa. Ogni spazio va pensato in relazione alla città nel suo complesso e soprattutto
rispetto all'ambiente sociale, culturale ed economico in cui è stato prodotto e
oggi si viene a trovare: gli scali sono aree che la città non conosce e che, oggi, possono produrre reddito e, al
contempo, costituire una opportunità per migliorare le condizioni di vivibilità
dell’intera area metropolitana. Questi spazi non sono tutti uguali e ogni
decisione sul loro utilizzo non può che derivare da una conoscenza storica, da
una prospettiva sociale e da una dimensione etica prima di ogni altro interesse
economico. La riqualificazione degli scali ferroviari è una prova importante
per la pianificazione urbanistica e per l’architettura contemporanea: richiede
di sostenere un programma di bonifiche, di avviare iniziative di cura dei manufatti e di coinvolgimento
delle persone che vivono nell’area e nei quartieri limitrofi, di intervenire senza
definire e normare ogni angolo di spazio,e soprattutto, impegna l’amministrazione
comunale in un lungo percorso di realizzazione di opere e di valutazione dei
risultati.
Maria Cristina Treu
Considerazioni
del filosofo Papi
Vorrei ricordare che
l’approvazione di un accordo di programma comporta, a norma del comma 6
dell’art. 34 del D.Lgs. n. 267/2000, la dichiarazione di pubblica utilità,
indifferibilità ed urgenza delle opere e che questi tre requisiti sono
inscindibili. Vorrei sbagliarmi ma almeno l’indifferibilità e l’urgenza non li
vedo proprio, sopratutto nell’attuale situazione del mercato edilizio e per le
ragioni ben illustrate dalla ricerca condotta nel 2015 dal Politecnico di
Milano: “E infine i vincoli e le opportunità rintracciabili nei profili
amministrativi, dovendosi ancora precisare se l’attuazione degli interventi
opererà in variante o meno alla pianificazione vigente e quali siano le
condizioni di fattibilità procedurale di eventuali “usi temporanei”. La lunga
prospettiva temporale della trasformazione, infine, che va ben oltre l’arco
decennale di cogenza dello strumento pianificatorio – conformativo, suggerisce
l’adozione di una strategia di “manutenzione continua e programmata” la cui
gestione sia affidata a un qualificato Collegio di Vigilanza (Bazzani).”.
Devono essere solo gli architetti invitati a impegnare le amministrazioni a esprimersi su una visione di futuro , di una città per chi,??
RispondiEliminasala che vende ATM a FFSS fa parte della visione di futuro ?? i milanesi lo avevano visto scritto da qualche parte quando hanno votato ?
Quindi per Maria Cristina Treu sarebbe un'ottima cosa ricoprire di calcestruzzo gli scali milanesi .... siamo all'Iperuranio
RispondiElimina