giovedì 26 gennaio 2017

L'opinione di Maria Carla Baroni sugli scali ferroviari milanesi




















Non sono nè un'architetto, nè un'urbanista, nè una trasportista, ma una "politica", nel senso che amo partecipare a tutto quanto riguarda la città (tà politicà) e in questa veste, oltre che per il mio incarico di partito, desidero lanciare alcune idee, alcune suggestioni sul riuso e sulla riqualificazione degli ex scali ferroviari, che a mio parere costituiscono in buona sostanza la revisione del PGT che la giunta sta avviando.
Per la dislocazione degli ex scali nella città la loro riqualificazione dovrebbe connettersi strettamente anche al cosiddetto "Piano periferie" di Rabaiotti, che non deve limitarsi al recupero edilizio e alla riqualificazione energetica dei quartieri ERP, Che pure è improcrastinabile.
In primo luogo - BEN PRIMA di progettare che cosa realizzare in ogni singolo ex scalo - bisognerebbe  a mio parere utilizzare il complesso delle superfici come spazio per potenziare e ridisegnare la mobilità con mezzi pubblici delle persone in senso trasversale e circolare, come hanno fatto o stanno facendo altre grandi città europee, smettendola con le linee radiocentriche e tenendo conto che la Città Metropolitana di Milano è in senso fisico una unica città, che va considerata, connessa e riqualificata in quanto tale.
Che cosa prevede in materia di mobilità il Piano strategico del territorio metropolitano approvato nel maggio 2016 da un Consiglio metropolitano di secondo livello nell'ignoranza e nell'indifferenza generale?
Come secondo aspetto a me piacerebbe molto che all'interno di ogni ex scalo si realizzasse una PIAZZA centrale, riprendendo la tradizione italica della piazza, dall'agorà della Magna Grecia al foro delle città romane alle piazze medioevali e rinascimentali e pure moderne e contemporanee; non solo una piazza bella e vuota, ma come luogo di incontro e di attività varie, anche come luogo di governo, con la presenza di sedi istituzionali, come la piazza era un tempo.
Perchè ad es. non realizzare nelle piazze dei 7 ex scali nuove e più belle sedi per 7 Municipi, adibendo le attuali sedi degli stessi ad altri servizi comunali, ad es. ai Centri Donna Polivalenti, e ad altre attività pubbliche o di interesse pubblico? soprattutto per la socialtà e la cultura, gestite direttamente dal pubblico o anche da soggetti sociali a cui assegnarle a canone simbolico?
Come terzo aspetto a me parrebbe fondamentale connettere le nuove realizzazioni - edifici e verde pubblico - al tessuto urbano circostante, spesso anomimo e brutto, progettando unitariamente, come funzioni e come architettura, il "dentro" e il "fuori intorno" a ognuno degli ex scali, in modo che ogni progetto non rimanga una cattedrale nel "deserto" urbano, ma contribuisca alla riqualificazione dei quartieri circostanti, di edilizia pubblica o privata che siano.
COME connettere il "dentro" e l' "intorno" e fino a che distanza dal "dentro"? ciò dovrebbe dipendere dalle caratteristiche edilizie, funzionali, sociali dei quartieri circostanti e dal che cosa serve per riqualificarli e per dotarli delle funzioni,  dei servizi e degli elementi qualitativi mancanti.
Elementi di connessione potrebbero essere: raggi verdi attrezzati, passerelle attrezzate, richiamo di elementi architettonici o comunque visivi (monumenti, statue, fontane, ecc.), edifici da recuperare e nuovi spazi verdi o riqualificazione di spazi aperti più o meno abbandonati nei quartieri circostanti, da realizzare contestualmente al progetto "dentro" l'ex scalo, e non so che altro.
Non ho risposte, non è il mio mestiere: pongo solo una questione che a me pare fondamentale.  
Rimane l'esigenza di realizzare molta nuova edilizia pubblica di qualità (edilizia, energetica e anche estetica).
Si pone ovviamente il problema dei costi, Ma è risaputo che quando c'è la volontà i soldi si trovano. Si tratta di effettuare delle scelte. Ci sono poi i fondi europei e le fondazioni che si aspettano un ritorno di immagine in cambio di interventi di interesse pubblico. Anche questo non è il mio campo, ma a Milano non mancano esperti in materia.
Maria Carla Baroni

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