giovedì 8 dicembre 2016

L'opinione di Francesco Gnecchi Ruscone: "Risposta all'appello per gli scali ferroviari"




Firmo volentieri l’appello sugli scali ferroviari milanesi perché l’attuazione della delibera del Consiglio Comunale  “Linee di indirizzo....e in dismissione....”  sarebbe un ennesimo errore di intervento urbanistico parziale e settoriale.
Non entro negli aspetti strettamente professionali dell’incarico a cinque “team multidisciplinari guidati da architetti di fama internazionale”; è giusto che l’appello si occupi anche di questo ma occorre non indebolirlo facendolo apparire in difesa di pur legittimi interessi di mestiere. Io poi, a 92 anni ne sono evidentemente fuori ma voglio comunque offrire queste note che hanno le radici nel mio aver collaborato sessanta anni fa con Adriano Olivetti nel suo impegno per la rinascita di aree del Mezzogiorno depresse e danneggiate dalla guerra. I singoli problemi sono diversi ma l’approccio alla loro identificazione e alle soluzioni progettuali penso sia ancora, sempre, valido.
L’errore della delibera è molto più a monte: sarebbe ancora un intervento che ignora il quadro generale più ampio, un intervento occasionale 
Gli scali ferroviari, nella loro definizione topografica e catastale, erano funzionali alla loro destinazione originale, è questa, esclusivamente questa, che ha fissato dove  e quanto estesi sono; cessata questa, essa è del tutto casuale e incongruente al contesto urbanistico circostante, solo aree vuote improvvisamente disponibili. La tentazione di dire agli elettori: “ci abbiamo subito fatto su dei bei progetti” mi ricorda il detto milanese: el s’è faa pret perchè l’ha trovaa un botton negher.
Il vero problema da affrontare – e nella sua soluzione sta il futuro urbanistico di Milano – è l’attuazione della Città Metropolitana: solo in questo quadro organico complessivo, deve essere collocata, può essere definita utilmente, la destinazione degli scali ferroviari dismessi.
Se la Città Metropolitana deve uscire dal limbo delle pie intenzioni, delle enunciazioni programmatiche e diventare una realtà, un team largamente interdisciplinare ma guidato da un’autorità responsabile e decisa alla realizzazione deve definirla nelle sue strutture territoriali, sociologiche, urbanistiche e infrastrutturali, individuare ambiti e identità precise, “Comunità” (per ricordare l’insegnamento olivettiano), che si riconoscano tali anche in relazione alle loro storie o patrimonio di ricordi, in “Borghi” che, federati, costituiranno la Città Metropolitana.
Lo strumento urbanistico per dare a ciascuno di essi un,identità riconosciuta è dar loro un polo centrale fisico, the heart of the city, di spazi, strutture, istituzioni, luoghi e occasioni di vita collettiva: per questo occorrono aree al posto giusto.
Non è certamente lì che si trovano i milioni di metri quadri degli scali ferroviari dismessi. Esistono però anche gli strumenti: permute, diritti edificativi etc. che permetteranno di utilizzare quelle aree dove saranno più utili.
La ripartizione in aree a uso pubblico o privato, a verde o costruito, avranno allora un senso preciso, non solo di destinazione ideologica preconcetta
Disperdere questo patrimonio in interventi in loco, anche se fossero di buon valore architettonico, renderebbe questi interventi solamente cosmetici ma sopratutto sarebbe un siluro con conseguenze irreparabili per la nascita della Città Metropolitana.
Milano deve dare un esempio all’Italia? Esserne la locomotiva? Questo sarebbe un esempio importante, per noi prima di tutto.


Francesco Gnecchi Ruscone, milanese che ama Milano

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